In morte di G. C.

Nel ricordare il mio amico caro Giorgio Celli, ho voluto fare riferimento al Suo compagno di avventure, Francesco Guccini con cui, assieme a colui che poi divenne il Padre Casali, fondarono l’Osteria delle Dame, il quale iniziava i suoi concerti con “In memoria di S.F. (i Nomadi poi la chiamarono “Canzone per un’amica”).
Giorgio aveva assunto la fisionomia di un gatto e pure l’animo, tanto li amava, affettuoso e coraggioso, temerario fino alle estreme conseguenze eppure tenero quanto un bimbo, di cui ne aveva rimasto il senso di stupore difronte alla natura, il desiderio  di apprendere, l’amore per il gioco-lavoro, la curiosità di sapere, di conoscere ogni cosa potesse suggerirgli la sua poliedrica mente, dotata di un quoziente intellettivo fuori norma (mi fu detto che l’amico Umberto Eco, suo compagno anche nel Gruppo 63, sconfitto in singolar tenzone accademica, come allora usava sfidarsi fra accademici e docenti universitari, volle gli fosse misurato, per poter avere la scusante di essere stato sconfitto da un “sovraumano”), di indagare nel microscopico come nel  macroscopico, e di essere amato e accolto (non rifiutava un bicchiere o un piatto di pasta da consumare insieme così come il rischio  di un’amicizia nata all’improvviso e tenuta nella stessa considerazione e allo stesso modo di una consolidata nel tempo).

Ho tanti aneddoti da raccontare, davvero tanti. Mi piace in particolare ricordare questo: si era al Premio Camaiore, mi pare nel 2001,  e l’amico comune, il bravo poeta e dotto critico Alberto Cappi, aveva inviato due libri della nostra “Nightingale’s Collana” de “i quaderni del circolo degli artisti” che lui dirigeva (allora presiedevo “il Circolo degli Artisti” nella mia città): “Cinque Canti per un Solstizio Infinito”di Giuseppe Conte e “Gli Eldoradi Quotidiani”di Giorgio Celli e noi sbancammo !

Sbancammo nel senso che per la prima volta, così disse dal palco il Presidente della Giuria, noi, senza distribuzione, stampando poche copie numerate, vincemmo lo “Speciale della Giuria” con Giorgio Celli e il “Premio della Critica” con Giuseppe Conte.
Il “Premio dei Lettori” andò al Giudice Corrado Calabrò con “Ancore Infeconde”.
Ci sedemmo poi, ospiti dell’evento, al tavolo imbanditi di una pantagruelica, deliziosa cena, io, mia moglie Marina, Alberto Cappi, Giorgio Celli e Giuseppe Conte.
Con molto sussiego e con fare educato il Giudice Calabrò si avvicinò al nostro desco in uno scambio di complimenti al che Giorgio, acuto di spirito come Suo solito, che aveva avuto di che dire riguardo a quel titolo occhieggiante gli ossimori e le provocazioni linguistiche di Montale, forse, ma assolutamente significante nulla, con  fare sornione, mettendo i suoi occhi nel volto compiaciuto del Giudice se ne uscì così: “Ma quelle ancore avevano quindi il preservativo?”
Così era Giorgio: non temeva di apparire duro nei giudizi, quando si parlava di Arte, qualunque ne fosse la sua espressione.
Aldo Grasso scrisse in un articolo allorché teneva in TV la trasmissione “Nel Regno degli Animali” ponendo a confronto Giorgio con questa e Piero Angela con la sua, che quella di Giorgio si rivolgeva anche a chi non aveva studiato mentre quella di Angela a chi aveva studi superiori dimenticando che Giorgio portava video di Konrad Lorenz o provenienti dalle maggiori Università del Pianeta, essendo Egli uno scienziato, l’altro da bravo giornalista divulgatore portava documentari girati da lui stesso, talvolta supportati da qualche autorevole personaggio. Il fatto che Giorgio fosse in grado di rivolgersi anche a chi non aveva studi dotti era determinato dal fatto che possedeva in tale misura la materia di cui parlava da renderla fruibile e semplice da comprendere ad ogni tipo di ascoltatore.
Pongo ad esempio un altro aneddoto per far comprendere come sapeva sfrondare le cose per giungere al punto.
Invitato nella mia città a sostenere la causa di chi non voleva si facesse un gigantesco inceneritore di rifiuti, in un pubblico convegno in cui il progetto veniva presentato ai cittadini con tanto di vantaggi e assunzioni, l’ultimo relatore, l’autorevole presidente del consorzio fautore del progetto se ne uscì, ahimè per lui, con l’infelice frase ad effetto, nella convinzione che avrebbe dato forza al suo eloquio: “Anche il mio cane non mangia il prosciutto, ma solo perché non gliene do, lui sarebbe felice di mangiarlo!”

Al che Giorgio prese la parola dal pubblico: “Quel suo cane geloso di prosciutto se vivesse in condominio e si comportasse bene potrebbe vivere da signore, benvoluto da tutti, ma se cominciasse a sporcare, a fare i suoi bisogni dappertutto, a mordere  in giro, verrebbe scacciato, sempre secondo le regole del condominio, ispirate al buon senso. Ora lei è sicuro che il suo inceneritore che costerà un botto non romperà le scatole ai condomini con puzza e inquinamenti vari, perché in quel caso non conta se rimane nei parametri, ma i condomini-cittadini glielo faranno chiudere?”. Chiuse il convegno il sindaco assicurando che non si sarebbe fatto. È così fu.
Così era il mio amico Giorgio, scienziato, intellettuale, poeta, letterato , drammaturgo, regista, curatore di mostre, scrittore di romanzi, innamorato della natura, perdutamente delle api, di cui conosceva tutto, gli piacevano pure tanto le anguille nel loro misterioso  e ancestrale viaggiare, così pure le donne e i gatti e i libri e gli amici, cui non sapeva mai negare il conforto di una parola, di un abbraccio e pure un rimprovero, anche duro.
Quante serate insieme, anche con l’amico Dino Gavina e con Vittorio Sgarbi e con Pietro Bellasi e Ontani, Umberto Eco, Andrea Manzella … al Circolo ! E quanto era bello ascoltarlo quando improvvisava lunghi monologhi costruendoli rubando frasi poetiche ai più svariati poeti, facendo sfoggio di quella Sua incredibile dote di memoria che faceva sì che tenesse nel cervello, ma anche nell’animo,  l’intera Odissea, Iliade, Divina Commedia, Salterio, Cantico dei Cantici … anche nelle diverse traduzioni, ponendole talvolta a confronto.!  Lui leggeva  una poesia una sola  volta e la ripeteva a memoria subito.  
Grande Giorgio! Arrivederci.
P.S. Ho molto apprezzato che ieri, nel decennale della morte, sia stato ricordato nella mia città, Faenza, nell’Orto, chiamato delle Meraviglie, del Convento di Santa Chiara, dalla voce talvolta commossa di   Giammarco Carcioffi alla presenza di molti soci di Lega Ambiente e Italia Nostra. Mi è piaciuto molto il ricordo del Suo braccio destro Paolo Redighieri.

Lamberto Fabbri